Abilitazione all'insegnamento in Romania: la sentenza del Consiglio di Stato

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Abilitazione all'insegnamento in Romania: la sentenza del Consiglio di Stato

Ecco quanto si legge in una sentenza del Consiglio di Stato pubblicata in data 19/07/2021: “Con i provvedimenti impugnati in prime cure il MIUR ha rigettato l’istanza di riconoscimento del percorso formativo seguito in Romania dalle parti ricorrenti in primo grado. In particolare, l’Amministrazione statale, premessa l’inapplicabilità in materia del regime del riconoscimento automatico, operando il “sistema generale”, ha rilevato che, sulla base di quanto emergente da interlocuzioni intercorse con le autorità rumene e di apposito parere reso dal CIMEA, il diritto di insegnare nell’istruzione pre-universitaria in Romania sarebbe condizionato dal conseguimento del percorso di formazione psicopedagogica nella specializzazione ottenuta attraverso il diploma di studio, ragion per cui il possesso dell’attestato/certificato di conseguimento della formazione psicopedagogica costituirebbe condizione necessaria al fine di ottenere la qualifica di insegnante, ma non anche sufficiente, essendo la condizione principale aver conseguito gli studi post liceali o universitari in Romania; sicché l’attestato di conformità degli studi con le disposizioni della Direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali per i cittadini che hanno studiato in Romania, al fine di svolgere attività didattiche all’estero, potrebbe essere rilasciato solo se il richiedente conseguisse in Romania sia studi di istruzione superiore/post secondaria sia studi universitari.

Sulla base di tali rilievi il MIUR ha ritenuto che la formazione svolta dai cittadini italiani non fosse riconosciuta dalla competente autorità rumena e che, pertanto, la stessa non potesse essere riconosciuta neanche dall’autorità italiana, non risultando integrati i requisiti giuridici per il riconoscimento della qualifica professionale di docente ai sensi della Direttiva 2005/36/CE, con conseguente rigetto delle istanze di riconoscimento presentate sulla base dei predetti titoli esteri (Programului de studi psichopedagogice Nivel I e Nivel II). Con specifico riferimento alle richieste di riconoscimento per il sostegno – rilevanti ai fini dell’odierno giudizio –, il Ministero ha, inoltre, rilevato che la Legge di istruzione nazionale rumena n. 1/2011 e la nota esplicativa inviata dal Ministero dell’educazione nazionale rumeno chiarivano che tale insegnamento rientrava in Romania nell’ambito dell’educazione speciale, in apposite scuole speciali e non nelle classi comuni come avviene in Italia; ragion per cui non vi sarebbe corrispondenza con l’ordinamento scolastico italiano, che prevede che gli alunni con bisogni educativi speciali studino nelle classi comuni con il supporto dell’insegnante di sostegno e non frequentino, come avverrebbe in Romania, scuole speciali loro dedicate.
Sulla base di tali determinazioni l’Amministrazione ha disposto – con i decreti censurati in prime cure – il depennamento e l’avvio del procedimento di esclusione dei ricorrenti dalle procedure concorsuali riservate di cui al D.D.G. n.85/2018 cui gli stessi avevano partecipato per le rispettive classi di concorso.

Il Tar, a definizione del giudizio, ha rigettato il ricorso, richiamando la propria giurisprudenza formatasi in materia, secondo cui, sebbene il confronto tra i titoli, o meglio i programmi e i corsi di formazione, conseguiti in altro paese e quelli richiesti dallo Stato ospitante, debba essere svolto dallo Stato nel quale viene richiesto il riconoscimento del titolo, deve ritenersi che tale confronto richieda il conferimento di un titolo e di un livello di qualifica, ai sensi dell’art. 11 della direttiva, e operi per gli insegnamenti per i quali l’interessato sia legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo; circostanza nella specie non realizzata, in quanto espressamente negata dall’amministrazione rumena, ragion per cui l’amministrazione interna non poteva che essere vincolata all’accertamento compiuto dall’amministrazione di provenienza del titolo. Difatti, il Ministero rumeno aveva precisato che l’attestato di conformità alla direttiva europea, al fine della valutazione del percorso seguito in Romania in altri Stati UE, veniva rilasciato solo a coloro che avessero compiuto in Romania sia studi di scuola superiore o post istruzione secondaria, sia studi universitari; pertanto, per espressa indicazione dell’autorità rumena, il programma in oggetto non consentiva l’attribuzione di un livello di qualifica rilevante per la direttiva in questione, con la conseguenza che il provvedimento dell’amministrazione appariva privo di vizi sul punto. L’accertata inidoneità del programma di insegnamento rumeno, di carattere uniforme, consentiva, dunque, di ritenere che l’accertamento svolto dall’amministrazione resistente non fosse carente, avendo la stessa valutato, in via generale, l’inidoneità del programma svolto ai fini del riconoscimento e, alla luce delle conclusioni cui era pervenuto il Ministero, l’impossibilità di attribuire allo stesso carattere abilitante. Per quanto concerne il sostegno, peraltro, trattavasi di un quid pluris rispetto all’abilitazione all’insegnamento, con la conseguenza che il mancato riconoscimento dell’abilitazione all’insegnamento non avrebbe consentito l’acquisto del titolo idoneo per l’insegnamento nel sostegno.

Anche in relazione al diniego di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno, la Sezione ha rilevato che “il provvedimento di rigetto di tale istanza adottato dal Ministero è illegittimo per difetto di motivazione in quanto “si limita esclusivamente a richiamare, in astratto, le differenze che esisterebbero tra Romania e Italia nel quomodo dell’erogazione del servizio pubblico dell’insegnamento di sostegno”. Deve essere confermato e richiamato infatti quanto già affermato dalla sezione in materia: “le norme della direttiva europea 2005/36 CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, devono essere interpretate nel senso che impongono di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, a condizione che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelle della formazione continua a tempo pieno” (Cons, St, sez. VI , n. 1198/2020). L’amministrazione avrebbe dovuto quindi valutare “la qualificazione attestata dai diplomi, certificati ed altri titoli nonché dall’esperienza professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente” (Cons. St., sez. VI, n. 5173/2020)” (Consiglio di Stato, sez. VI, 6 novembre 2020, n. 6837).

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